La Commissione bilancio ha dato il via libera, il 15 dicembre,
all’emendamento Giuliani che istituisce il percorso di tutela per le vittime di
violenza. Si tratta di un emendamento che ha suscitato un vivace dibattito tra
le associazioni femminili e i centri antiviolenza. Si è parlato di
"militarizzare" dei pronto soccorso a livello nazionale,
"clonando" le asl della Toscana; l'hanno chiamata
"trappola del codice rosa". Si sostiene che il codice rosa
non applica una competenza di genere, inserisce nella sua utenza tutte le
vittime di comportamenti aggressivi, inclusi gli anziani maltrattati dalle
badanti o gli omosessuali vittime di omofobia. Interviene dunque sulla violenza
IN genere, e non sulla violenza DI genere.
In concreto
«l’emendamento applica i principi della direttiva europea, della convenzione di
Istanbul e della legge sul femminicidio e istituisce il «percorso rosa bianca»
per tutelare le vittime - minori, donne, anziane, persone vulnerabili - e
chiede che entro 60 giorni si definiscano linee guida perché il percorso
diventi finalmente operativo» spiega Fabrizia Giuliani, deputata Pd, tra le
fondatrici di Se non ora quando.
Non si tratta
di una novità, ma di un percorso che la regione Toscana
sta già sperimentando con successo da quasi due anni in tutte le proprie
aziende sanitarie e ospedaliere. Il Soroptimist ha condiviso il
progetto della dottoressa Vittoria Doretti e del gruppo di lavoro intorno a lei
e decine di Codici rosa sono già stati attivati negli ospedali italiani, grazie
all’impegno dei Club Soroptimist.
Nell'emendamento "Codice Rosa" alla Legge di Stabilità, non
c'è alcun obbligo di denuncia, ma semplicemente l'introduzione all'interno dei pronto
soccorso italiani di percorsi specifici per coloro che subiscono violenza
(quindi non esclusivamente donne), in modo da renderli consapevoli di tutte le
possibilità che hanno davanti per uscire da una situazione di sofferenza.
Chiunque abbia avuto la pazienza di leggere il testo dell'emendamento sa
benissimo che alle persone che subiscono abusi, continuerà ad essere garantita
la libertà di scelta sulla possibilità di sottrarsi o meno alle violenze
subite, nonché sulle modalità con cui realizzare tale affrancamento. Nessuna
restrizione o "percorso securitario", bensì una maggiore
attenzione/formazione del personale medico sanitario che prevede il
coinvolgimento, al fianco dei medici, di personale socio-sanitario
specializzato, nonché l’attivazione immediata, ove opportuno, di magistrati e
rappresentanti della polizia giudiziaria e in seguito delle organizzazioni di
volontariato e delle associazioni, tra cui prioritariamente i centri anti
violenza, che non sono in alcun modo sostituiti dalla procedura di “codice
rosa”.
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