lunedì 7 novembre 2016

Tina Anselmi

Tina Anselmi (1927-2016) è stata la prima donna che abbia ricoperto un incarico di ministra della Repubblica Italiana, Ministra del Lavoro e della Previdenza Sociale nel governo Andreotti (1976-1978).
Durante il suo incarico l’Italia, recependo le Direttive europee che avevano comportato un enorme cambiamento nelle politiche a favore delle lavoratrici,
si è dotata di una delle prime leggi sulla parità uomo donna in materia di lavoro. Con la  legge n. 903 del 1977 (attuativa della direttiva CEE 9.2.1976) si abbandonava la tradizionale impostazione protettiva-assistenziale a favore di una costruzione giuridica paritaria resa possibile dalla riforma del diritto di famiglia del 1975.
La legge, infatti, prescriveva la parità di trattamento nell’accesso al lavoro e nello svolgimento del rapporto di lavoro (parità nella retribuzione, nell’attribuzione delle qualifiche, nella cessazione del rapporto di lavoro), la riduzione del costo del lavoro femminile, l’adeguamento della disciplina giuridica del lavoro femminile alla nuova struttura della famiglia prevista dal diritto di famiglia riformato.
Giovanissima, Tina era stata staffetta partigiana, poi insegnante, sindacalista, deputata della DC per sei legislature (1968-1992), ministra del Lavoro e poi ministra della Sanità (1978-1979).
Il suo nome resta però legato alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia massonica P2 di cui fu la Presidente (1981-1985). Tutti i giornali, il giorno in cui è morta, hanno dato ampio risalto proprio a questo punto della sua biografia. Il suo lavoro è condensato nei 120 volumi degli Atti della Commissione. Ricordo di avere letto, tanti anni fa, l’Introduzione agli Atti firmata da Tina Anselmi e di essere rimasta stupefatta dalla assoluta incapacità di questa politica veneta, cattolica, di capire e interpretare quello che aveva studiato per anni.
Credo proprio che chi la designò a quell’incarico sapeva bene quello che faceva. Estranea a certi giochi della politica, rigorosa ma rigida, non aveva gli strumenti per saper interpretare il senso reale di quello che venne a sapere.
Cito le parole di Massimo Teodori, che della Commissione P2 fece parte e che da laico ne ha data la spiegazione più condivisibile: “Fu incaricata per volere della sinistra Dc, immersa fino al collo nella vicenda, d’intesa con il Pci, che voleva tornare al compromesso storico. Il loro punto di riferimento era Giulio Andreotti, che però aleggiava in ogni carta della P2. La sua tesi fu funzionale a salvare i partiti. Lei sosteneva che l’obiettivo di Licio Gelli fosse il colpo di Stato contro i partiti, guidato dagli americani, che fin dallo sbarco in Sicilia avevano ricostituito la massoneria. Io credo invece che fosse un’agenzia al servizio dei partiti, usata per accrescerne il potere” (CdS 2 novembre 2016).
Di sicuro sappiamo che, concluso il lavoro che le era stato affidato, fu messa da parte. Non serviva più!

Negli anni Novanta le mie lezioni universitarie sono state seguite per un periodo da studenti di CL, molto vicini a Andreotti, che poi mi proposero tesi sui rapporti tra massoneria inglese e italiana. Non conoscevano l’inglese e li dirottai su altri argomenti, ma trovai quanto meno singolare la richiesta!
Anna Maria Isastia

sabato 5 novembre 2016

Hillary Clinton e il pregiudizio di genere

Il 5 novembre 2008 Barack Obama diventava presidente degli Stati Uniti d’America. Alla Casa Bianca entrava il primo afroamericano. La campagna elettorale americana fu segnata, tra i democratici, dallo scontro tra un nero e una donna e non credo di sbagliare se ritengo che fu proprio il fatto di avere come antagonista una donna ad avere avvantaggiato Obama in un paese che è ancora razzista, come la storia degli ultimi otto anni ci ha dimostrato.
Otto anni dopo il copione si sta riproponendo. A una donna esperta e competente, seria e grintosa, si contrappone un uomo pieno di sé, ma vuoto di competenze, che incarna lo stereotipo del maschilista. Se a Trump il partito democratico avesse messo di fronte un qualunque politico uomo, anche incolore, ma affidabile, nessuno avrebbe dubbi sul risultato del voto. Sono i repubblicani per primi a temere la sua vittoria. Ma a Trump il destino ha contrapposto una donna e dunque ci sono serie probabilità che alla fine sia lui a prevalere, un non politico sessista e razzista che ha contro quasi tutta la stampa, la classe politica e i media.
A Hillary per vincere non basta essere perfetta: seria ma sorridente e simpatica, assertiva ma con voce flautata, competente e con alle spalle un curriculum eccellente. Ogni volta che sta per prevalere le arriva addosso una cannonata, con un tempismo perfetto. Alla gente è antipatica proprio perché è brava, cosa che non ho mai sentito dire di un uomo. Tutte quelle che in un uomo sono doti da apprezzare, in una donna, ancora oggi, diventano difetti da criticare.
Il doppio standard è evidente. Trump deve solo evitare di dire cose troppo stupide per essere giudicato adatto come presidente e anche se dice e fa cose improponibili, in fondo alla gente piace perché gli sente ripetere quei famosi discorsi da bar che sembra piacciano ancora a tanti uomini. Il suo essere un vecchio maschio sciovinista non turba gli elettori americani.
Sulla graticola invece è messa Hillary, per mille motivi, ma in fondo per un solo motivo: è una donna che ambisce ad occupare il posto di un uomo.

Anna Maria Isastia