martedì 15 dicembre 2015

Codice Rosa Bianca



La Commissione bilancio ha dato il via libera, il 15 dicembre, all’emendamento Giuliani che istituisce il percorso di tutela per le vittime di violenza. Si tratta di un emendamento che ha suscitato un vivace dibattito tra le associazioni femminili e i centri antiviolenza.  Si è parlato di "militarizzare" dei pronto soccorso a livello nazionale, "clonando" le asl della Toscana; l'hanno chiamata "trappola del codice rosa". Si sostiene che il codice rosa non applica una competenza di genere, inserisce nella sua utenza tutte le vittime di comportamenti aggressivi, inclusi gli anziani maltrattati dalle badanti o gli omosessuali vittime di omofobia. Interviene dunque sulla violenza IN genere, e non sulla violenza DI genere.

In concreto «l’emendamento applica i principi della direttiva europea, della convenzione di Istanbul e della legge sul femminicidio e istituisce il «percorso rosa bianca» per tutelare le vittime - minori, donne, anziane, persone vulnerabili - e chiede che entro 60 giorni si definiscano linee guida perché il percorso diventi finalmente operativo» spiega Fabrizia Giuliani, deputata Pd, tra le fondatrici di Se non ora quando.
Non si tratta di una novità, ma di un percorso che la regione Toscana sta già sperimentando con successo da quasi due anni in tutte le proprie aziende sanitarie e ospedaliere. Il Soroptimist ha condiviso il progetto della dottoressa Vittoria Doretti e del gruppo di lavoro intorno a lei e decine di Codici rosa sono già stati attivati negli ospedali italiani, grazie all’impegno dei Club Soroptimist.  


Nell'emendamento "Codice Rosa" alla Legge di Stabilità, non c'è alcun obbligo di denuncia, ma semplicemente l'introduzione all'interno dei pronto soccorso italiani di percorsi specifici per coloro che subiscono violenza (quindi non esclusivamente donne), in modo da renderli consapevoli di tutte le possibilità che hanno davanti per uscire da una situazione di sofferenza. Chiunque abbia avuto la pazienza di leggere il testo dell'emendamento sa benissimo che alle persone che subiscono abusi, continuerà ad essere garantita la libertà di scelta sulla possibilità di sottrarsi o meno alle violenze subite, nonché sulle modalità con cui realizzare tale affrancamento. Nessuna restrizione o "percorso securitario", bensì una maggiore attenzione/formazione del personale medico sanitario che prevede il coinvolgimento, al fianco dei medici, di personale socio-sanitario specializzato, nonché l’attivazione immediata, ove opportuno, di magistrati e rappresentanti della polizia giudiziaria e in seguito delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni, tra cui prioritariamente i centri anti violenza, che non sono in alcun modo sostituiti dalla procedura di “codice rosa”.

domenica 6 dicembre 2015

Il lungo cammino delle donne nelle istituzioni




Il 4 dicembre 2015 alla Sapienza si è svolto un incontro di studio promosso dall’Università e dall’ADMI, Associazione donne magistrato italiane per avviare una riflessione sulle ragioni dei ritardi nei cambiamenti culturali che hanno reso difficile il cammino delle donne nelle istituzioni, ed in particolare nell'istituzione universitaria e in quella giudiziaria, partendo da un esame ricognitivo della presenza femminile nei luoghi delle scelte politiche ed organizzative, per verificare poi l'efficacia delle misure adottate in attuazione della normativa nazionale, primaria e secondaria, comunitaria ed internazionale in materia di parità.

L'incontro di studio ha analizzato la possibilità di sperimentare strumenti diversificati di intervento al fine di realizzare una effettiva uguaglianza di genere nelle istituzioni: in primo luogo il sistema delle quote, come misura diretta ad accelerare la realizzazione dell'obiettivo strategico dell' empowerment, ma anche come segnale di democrazia interna e al tempo stesso come fattore di cambiamento culturale e di sviluppo economico.

A tal fine appare utile proporre una riflessione sull'applicazione della legge n. 120 del 2011, che ha previsto una quota riservata al genere meno rappresentato negli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate. 

Il convegno si è concluso con una tavola rotonda sui possibili sviluppi e comunque sull'opportunità di un'espansione dell'ambito di applicazione del principio delle quote di genere. In particolare, stante la recente istituzione di una Commissione ministeriale incaricata di elaborare proposte per la riforma del C.S.M., i partecipanti hanno discusso sulla possibile introduzione delle quote di genere nel sistema elettorale dell'organo di governo della Magistratura.

Analoga riflessione è stata fatta per un riequilibrio della rappresentanza di genere negli organi di autogoverno delle università.





venerdì 4 dicembre 2015

Mussolini socialista



La riflessione su un libro uscito da poco su Mussolini socialista, ha indotto un gruppo di storici a riflettere sul condizionamento e sulla ripetitività con cui si affrontano le vicende del Novecento in Italia.

Nell’immediato secondo dopoguerra, gli intellettuali e i giornalisti che dovevano ricostruirsi una verginità politica e culturale, hanno creato e diffuso e consolidato nel tempo una ‘verità’ che poi è diventata intangibile.

Settanta anno dopo è ancora scomodo provare a ricostruire i fatti per quello che sono stati e non per come sono stati raccontati.

Il 3 dicembre 2015,  alla Biblioteca del Senato, si è discusso sugli anni in cui Mussolini è stato marxista rivoluzionario (1902-1915), ammirato da Salvemini, Togliatti, Gramsci e Tasca. Sono nomi pesanti, di futuri oppositori del fascismo, ma in quegli anni sono seguaci di Mussolini.

Il socialismo italiano, fino alla metà degli anni cinquanta, è stato quello che Mussolini aveva portato ad avere la schiacciante maggioranza nel partito tra il 1912 e il 1915.


Si può parlare di Mussolini socialista senza mettere in discussione verità consolidate ? Sembra di no e allora è più comodo ignorare una ricerca seria che presenta una faccia poco approfondita della biografia di Mussolini. 

(fotografia tratta da http://www.uils.it )

mercoledì 2 dicembre 2015

Il genio collettivo

Il capo non deve essere mai un ‘lupo solitario’.

Linda Hill professoressa alla Harvard business school, considerata una dei 50 migliori pensatori al mondo in materia di management, ha studiato per anni i/le leader delle maggiori aziende in tutto il mondo per capire come incidere nel modo migliore nella qualità del lavoro e come coniugare al meglio leadership e innovazione.

A suo giudizio, non è la visione del leader che deve imporsi al suo staff.

E’ invece la sua capacità di stimolare una discussione vera da cui possano emergere le idee migliori,  sperimentare soluzioni diverse e imparare dagli errori, sintetizzare le migliori proposte per prendere le soluzioni finali. Se un/una leader sa fare tutto questo, costruendo una comunità unita da obiettivi comuni, riesce ad attivare il genio collettivo dei suoi collaboratori/collaboratrici.


In altre parole, credo che un/una leader debba saper far crescere, guidandole senza opprimerle, le persone accanto a lei/lui.