lunedì 27 novembre 2017

#quellavoltache

Ho appena finito di leggere i racconti scritti da Leda Muccini all’inizio degli anni Sessanta.
Ero rimasta infastidita dall’insistenza sulla squallida fisicità dei rapporti delle giovani donne protagoniste dei suoi racconti, con uomini diversi per età e condizione sociale, ma legati da un unico desiderio: mettere le mani addosso alla ragazza del momento e appena possibile spogliarla e possederla. Senza sentimenti, senza amore, senza delicatezza, senza un dopo.
Donne oggetto; donne usate e che si lasciano usare, passivamente acquiescenti, come se non ci fossero altre possibilità. Giovani donne che si fanno baciare, palpeggiare e fanno sesso con uomini che non amano e non desiderano, senza goderne e senza ricavare alcun vantaggio. Le donne raccontate sono belle, giovani, vitali mentre gli uomini appaiono grigi, meschini, viscidi, ipocriti.
Chiuso il libro, apro il giornale e ritrovo le stesse situazioni oggi. Lo scandalo delle molestie sessuali al parlamento inglese che fa tremare il governo di Theresa May.
Lo scandalo del produttore americano Harvey Weinstein che ha usato il suo potere in modo ignobile usando e abusando decine e decine di giovani attrici.
Non passa giorno senza che i giornali e le televisioni raccontino di dichiarazioni di abusi e ricatti sessuali avvenuti nel corso del tempo. Sono per lo più donne famose che denunciano fatti di un passato più o meno lontano, ma non dimenticato.
Tutti a demonizzare e condannare situazioni che si ripetono uguali, da sempre. Tutti sanno e hanno sempre saputo. Poi ogni tanto la pentola viene scoperchiata e allora tutti a dichiarare il loro disgusto e a prendere le distanze da situazioni che si ripetono sempre uguali.
Molti maschi sono infastiditi da questa martellante attenzione rivolta, forse per la prima volta, contro di loro. Non capiscono, parlano di strumentalizzazioni, credono che  attrici e cantanti, ma anche esponenti della politica, vogliano solo farsi pubblicità, cercano di ridimensionare. Colpisce che i giornalisti, forse per la prima volta, ripetano che il problema è loro, cioè dei maschi. Incredibile!

Perché allora mi ha dato tanto fastidio leggere i racconti di Leda Muccini? Forse perché è stata veramente brava a descrivere la ripetitività viscida e oscena dell’abuso quotidiano del maschio sulla femmina, ma anche l’acquiescenza passiva di troppe giovani donne a situazioni disgustose che non si ha il coraggio, la forza, la capacità di contrastare.
Mi ha colpito leggere le ultime battute dell’intervista di Geneviève Fraisse, femminista, politica, scrittrice, a Stefano Montefiori.
 «Credo che non si tornerà indietro. Molte donne oggi raccontano delle molestie e aggressioni che hanno subito negli anni, e la vergogna potrebbe davvero cambiare di campo, come hanno sempre chiesto le femministe. Quando avevo 10 anni, un pomeriggio mentre andavo alla posta, un uomo si è avvicinato fingendo di chiedermi la strada e invece si è masturbato davanti a me. Sono tornata a casa e che cosa ho fatto? Non ho detto niente. Eppure non avevo alcuna colpa, vivevo in una famiglia di intellettuali che mi avrebbe ascoltata. Ma non ero pronta e sentivo che il rapporto di forza non era a mio favore. La colpa e la vergogna erano su di me, non su quell’uomo. Mio padre era femminista, eppure avevo interiorizzato di trovarmi dalla parte sbagliata. Le cose stanno cambiando, ed è un bene».
Appartengo alla generazione di Geneviève Fraisse e capisco perfettamente le sue parole.
Se torno indietro nel tempo anche io, come tutte le donne, ho ricordi sgradevoli. Esibizionisti incontrati negli androni dei portoni ancora ragazzina. Ne ricordo uno che mi costrinse a fare di corsa cinque rampe di scale larghe e lunghe per raggiungere casa di nonna, con il cuore in gola.
L’incubo della mano morta in autobus, per non parlare di quelli che si incollavano dietro di te. Mi difendevo spostandomi, cercando in ogni modo di allontanare l’importuno, ma quanto disagio e quanta vergogna.
E poi le proposte oscene di coetanei poco più che ventenni che si sentivano autorizzati a parlare alle ragazze in modo indecente, ma  allora avevo imparato a difendermi e a contrattaccare. Che fastidio però e che rabbia!
Le difficoltà per una donna che abbia prospettive e capacità professionali sono legate anche agli appetiti sessuali degli uomini. Io consideravo compagni di strada gli uomini che conoscevo e che ritenevo propositivi per me. Avviavo un rapporto di lavoro ‘neutro’ e per me erano ‘neutri’ appuntamenti e pranzi di lavoro.
Poi però ‘percepivi’ che ad un certo punto la situazione diventava ‘strana’ e allora avevi due strade davanti. Raffreddare la collaborazione o ….
Io ho sempre scelto la prima opzione e ho ricominciato ogni volta a tessere rapporti destinati a chiudersi all’improvviso. Per un uomo è diverso e con il passare degli anni la rete delle sue relazioni si allarga sempre di più con evidenti vantaggi professionali. Le donne spesso sono costrette invece a interrompere rapporti ben avviati e le rotture hanno sempre effetti negativi. Nessun uomo accetta di essere allontanato e presenta il conto, danneggiando la donna sul lavoro, sparlando di lei, isolandola.
Mi è capitato di sentirmi consigliare di essere ‘carina’ con un potente, da un altro uomo che, non potendomi avere, mi ‘cedeva’ volentieri al capo!
Mi sono sentita accusare di cose improbabili da colleghi che dovevano farmi pagare le mie capacità organizzative che avevano risolto i ‘loro’ problemi. Questo naturalmente dopo che avevo lavorato per loro con successo.
Le donne venivano massacrate facilmente con una qualunque accusa legata a loro presunte ‘leggerezze’.
La mia vita di lavoro è stata uno slalom da campionessa tra proposte da respingere, attacchi da neutralizzare, commenti da rintuzzare.
Alla fine degli anni Settanta del Novecento un collega da un giorno all’altro divenne sgradevolmente aggressivo. Senza neanche fingere di farmi la corte o di essere preso da me, da un giorno all’altro aveva deciso che dovevo fare sesso con lui. Alla mia reazione secca e infastidita reagì con una spiegazione che non ho mai più dimenticato. A suo dire aveva fatto una sua indagine privata nell’Istituto universitario dove lavoravo. Aveva appurato che non ero l’amante di nessuno e che nessun collega aveva intenzione di farsi avanti e dunque io ero diventata di sua proprietà come una res nullius. La mia reazione fu tanto dura e feroce che non ci siamo mai più rivolti la parola, pur lavorando a poche stanze di distanza.
Quante amiche hanno cambiato lavoro o rinunciato a percorrere certe strade perché tra loro e le loro ambizioni si è messo il potente di turno che esigeva il pedaggio dovuto e preteso.
A Westminster è stata avviata una inchiesta su vicende note a tutti. Alla Bbc si è creato un gruppo segreto di giornaliste e presentatrici che si scambiano informazioni e denunciano le molestie. Il parlamento di Bruxelles non è esente da scandali di tipo sessuale e parecchie politiche hanno denunciato di essere state vittime di abusi e molestie.

Spero abbia ragione Geneviève Fraisse che sostiene che il caso Weinstein segna una nuova epoca. «È l’ora della rivolta»