La riflessione su un libro
uscito da poco su Mussolini socialista, ha indotto un gruppo di storici a
riflettere sul condizionamento e sulla ripetitività con cui si affrontano le
vicende del Novecento in Italia.
Nell’immediato secondo
dopoguerra, gli intellettuali e i giornalisti che dovevano ricostruirsi una
verginità politica e culturale, hanno creato e diffuso e consolidato nel tempo
una ‘verità’ che poi è diventata intangibile.
Settanta anno dopo è
ancora scomodo provare a ricostruire i fatti per quello che sono stati e non
per come sono stati raccontati.
Il 3 dicembre 2015, alla Biblioteca del Senato, si è discusso
sugli anni in cui Mussolini è stato marxista rivoluzionario (1902-1915),
ammirato da Salvemini, Togliatti, Gramsci e Tasca. Sono nomi pesanti, di futuri
oppositori del fascismo, ma in quegli anni sono seguaci di Mussolini.
Il socialismo italiano,
fino alla metà degli anni cinquanta, è stato quello che Mussolini aveva portato
ad avere la schiacciante maggioranza nel partito tra il 1912 e il 1915.
Si può parlare di
Mussolini socialista senza mettere in discussione verità consolidate ? Sembra
di no e allora è più comodo ignorare una ricerca seria che presenta una faccia
poco approfondita della biografia di Mussolini.
(fotografia tratta da http://www.uils.it )
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