lunedì 19 settembre 2016

Rio e le Paralimpiadi

Devo ringraziare la stampa e le televisioni che hanno dato spazio alle atlete e agli atleti paralimpici. I loro sorrisi, la loro allegria, il loro entusiasmo hanno contagiato tutti. Non li ha fermati la carrozzella, né le protesi, né la cecità. La loro gioia di esserci è stata una iniezione di vitalità per tutti. Ci hanno insegnato il coraggio. Qualcuno ha trovato ‘inopportuno’ e deprimente lo spettacolo della disabilità mostrato dagli schermi. Mi sono sentita a disagio per queste persone che non hanno colto l’importanza di quello che è passato davanti agli occhi di tante persone ‘normodotate’.  Siamo abituati a distogliere educatamente lo sguardo quando incrociamo una persona in carrozzella, per evitare situazioni imbarazzanti. Il mito della eterna giovinezza e dell’obbligo alla bellezza fisica e alla salute ha contagiato tutti da troppo tempo. Poi l’impatto improvviso con dodici giorni di gare di sport e di amicizia. La scoperta che si può tornare a vivere normalmente, anzi ad eccellere,  anche dopo una grave malattia o un incidente devastante: Martina Caironi, Vittorio Podestà, Paolo Cecchetto, Beatrice Vio, Alex Zanardi, Luca Mazzone, Francesco Bocciardo, Federico Morlacchi, Assunta Legnante hanno vinto medaglie d’oro malgrado le loro gravi disabilità. Storie personali che possono cambiare una piccola porzione di mondo, che possono cambiare la Storia. Martina Caironi che con una gamba in fibra di carbonio stravince i 100 metri, Alex Zanardi privo di gambe, che vince nel ciclismo, Federico Morlacchi che ha dominato nel nuoto, la giovanissima Bebe Vio, con quattro arti amputati per una meningite, che ride sul podio del fioretto e si considera “una ragazza fortunata”. Sono esempi per noi, sono esempi per i giovani pavidi di fronte a prove modeste. Grazie a loro diventa più facile capire e condividere l’art. 26 della Carta dei diritti fondamentali Ue: “L’Ue riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità”.

Anna Maria Isastia