Tina Anselmi (1927-2016) è stata la prima
donna che abbia ricoperto un incarico di ministra della Repubblica Italiana,
Ministra del Lavoro e della Previdenza Sociale nel governo Andreotti (1976-1978).
Durante il suo incarico l’Italia, recependo le
Direttive europee che avevano comportato un enorme cambiamento nelle politiche
a favore delle lavoratrici,
si è dotata di una delle prime leggi sulla
parità uomo donna in materia di lavoro. Con la
legge n. 903 del 1977 (attuativa della direttiva CEE 9.2.1976) si
abbandonava la tradizionale impostazione protettiva-assistenziale a favore di
una costruzione giuridica paritaria resa possibile dalla riforma del diritto di
famiglia del 1975.
La legge, infatti, prescriveva la parità di
trattamento nell’accesso al lavoro e nello svolgimento del rapporto di lavoro
(parità nella retribuzione, nell’attribuzione delle qualifiche, nella
cessazione del rapporto di lavoro), la riduzione del costo del lavoro
femminile, l’adeguamento della disciplina giuridica del lavoro femminile alla
nuova struttura della famiglia prevista dal diritto di famiglia riformato.
Giovanissima, Tina era stata staffetta
partigiana, poi insegnante, sindacalista, deputata della DC per sei legislature
(1968-1992), ministra del Lavoro e poi ministra della Sanità (1978-1979).
Il suo nome resta però legato alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla
Loggia massonica P2 di cui fu la Presidente (1981-1985). Tutti i giornali,
il giorno in cui è morta, hanno dato ampio risalto proprio a questo punto della
sua biografia. Il suo lavoro è condensato nei 120 volumi degli Atti della Commissione. Ricordo di avere
letto, tanti anni fa, l’Introduzione
agli Atti firmata da Tina Anselmi e
di essere rimasta stupefatta dalla assoluta incapacità di questa politica
veneta, cattolica, di capire e interpretare quello che aveva studiato per anni.
Credo proprio che chi la designò a
quell’incarico sapeva bene quello che faceva. Estranea a certi giochi della
politica, rigorosa ma rigida, non aveva gli strumenti per saper interpretare il
senso reale di quello che venne a sapere.
Cito le parole di Massimo Teodori, che della
Commissione P2 fece parte e che da laico ne ha data la spiegazione più condivisibile:
“Fu incaricata per volere della sinistra Dc, immersa fino al collo nella
vicenda, d’intesa con il Pci, che voleva tornare al compromesso storico. Il
loro punto di riferimento era Giulio Andreotti, che però aleggiava in ogni
carta della P2. La sua tesi fu funzionale a salvare i partiti. Lei sosteneva
che l’obiettivo di Licio Gelli fosse il colpo di Stato contro i partiti,
guidato dagli americani, che fin dallo sbarco in Sicilia avevano ricostituito
la massoneria. Io credo invece che fosse un’agenzia al servizio dei partiti,
usata per accrescerne il potere” (CdS 2 novembre 2016).
Di sicuro sappiamo che, concluso il lavoro che
le era stato affidato, fu messa da parte. Non serviva più!
Negli anni Novanta le mie lezioni
universitarie sono state seguite per un periodo da studenti di CL, molto vicini
a Andreotti, che poi mi proposero tesi sui rapporti tra massoneria inglese e
italiana. Non conoscevano l’inglese e li dirottai su altri argomenti, ma trovai
quanto meno singolare la richiesta!
Anna Maria Isastia
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