venerdì 17 giugno 2016

MIGRANTE/EMIGRANTE

La parola migrante si è silenziosamente sostituita alla parola emigrante. Quando e chi lo ha deciso?
Secondo l’Accademia della Crusca: “Migrante sembra adattarsi meglio alla condizione maggiormente diffusa oggi di chi transita da un Paese all’altro alla ricerca di una stabilizzazione: nei molti transiti, questo è il rischio maggiore, si può perdere il legame con il paese d’origine senza acquisirne un altro altrettanto forte dal punto di vista identitario con il Paese d’arrivo”.
I numeri sono impressionanti. Con 60 milioni di sfollati, richiedenti asilo e rifugiati, il 2015 sarà ricordato per l’inadeguatezza dei governi e la loro incapacità a gestire una situazione che non può più essere definita emergenziale.
Dalla fine della seconda guerra mondiale non si erano mai visti numeri così alti e siccome il fenomeno è in costante ascesa parlare ancora di ‘emergenza umanitaria’ è veramente disarmante e riduttivo. Di fronte a movimenti di massa, in tutto il mondo, di tali dimensioni, è necessario un cambio di passo a livello globale perché nessuno Stato può pensare di gestire la situazione in maniera autarchica.
Nel  2015 sono stati circa 163.000 i rifugiati che hanno chiesto asilo in Svezia, la percentuale maggiore tra i paesi europei rispetto al numero di abitanti. Ma con l’arrivo di 10.000 migranti a settimana a novembre, in gran parte passati per la Danimarca, il governo svedese ha annunciato la restrizione dei controlli. La Svezia ha reintrodotto i controlli alla frontiera con la Danimarca, che a sua volta li ha riavviati nei riguardi della Germania. Due misure messe in campo per tentare di arginare il flusso di richiedenti asilo. A Calais sono stati rafforzati i controlli tra Francia e Gran Bretagna. In modo analogo si sono mossi i paesi confinanti con la Grecia. Ungheria, Austria, Slovenia, Macedonia hanno alzato muri e messo filo spinato alle frontiere per fermare il flusso via terra che ha portato enormi numeri di migranti dal medio oriente verso la Germania e i paesi del nord Europa. Infine l’Austria ha ricostituito anche controlli alla frontiera italiana del Brennero.
L’OIM (organizzazione mondiale per le migrazioni) informa che nel 2015 sono stati oltre un milione (1.084.625) i migranti, arrivati in Europa per terra e per mare e questo flusso prosegue senza sosta.
Tanti, troppi minori arrivano soli. Da gennaio 2016 sono arrivati in Italia 7000 minorenni non accompagnati. Siamo tutti consapevoli che sono a rischio abusi. Molti scompaiono e non se ne sa più nulla. Sappiamo invece che, secondo i dati Unicef, 2809 piccoli sono morti in mare durante la traversata.
Solo adesso, siamo a giugno 2016, l’Unione Europea sta cercando di elaborare un piano che ha soprattutto il merito di affrontare finalmente il problema nel modo giusto. Non più una posizione passiva verso un fenomeno di ridistribuzione globale di esseri umani, non più spettatori attoniti di un dramma di proporzioni bibliche, ma attori consapevoli. Il piano UE per i migranti è di difficile elaborazione e di più difficile attuazione, ma nessuno può ancora pensare di ignorare il problema o di risolverlo chiudendo le frontiere e/o mettendo il filo spinato.
Sono mesi che si ripete che «Schengen è a rischio. La libertà di movimento è un principio importante, uno dei risultati più grandi dell’Unione europea negli ultimi anni, ma è in pericolo a causa del flusso di profughi».
Gli studiosi sanno che l’uomo è sempre stato in movimento, migrando da una regione all’altra e da un continente all’altro. Non si era però mai dato un fenomeno così travolgente che vede contemporaneamente in movimento milioni di persone in tutti i continenti.
La spinta demografica è una motivazione valida in passato e a maggior ragione oggi. Per gli stessi motivi ci si sposta da luoghi poveri di risorse verso una maggiore ricchezza di risorse. Nell’antichità le popolazioni si spostavano verso nuove regioni dove praticare la caccia e la raccolta, ora i poveri si spostano dove credono di trovare risorse per la sopravvivenza e una migliore qualità della vita. La popolazione mondiale non ha mai raggiunto le cifre di oggi e questo ingigantisce i numeri di una situazione che appare difficilmente controllabile. Anche la rapidità degli spostamenti ha modificato la percezione del fenomeno.
Lo studioso Giorgio Manzi ritiene però che “il fenomeno attuale segna un’inversione di tendenza nei rapporti tra le parti in gioco. Nella preistoria a diffondersi erano i vincenti – quelli più adatti, quelli ecologicamente e demograficamente di successo – oggi invece a diffondersi sono i poveri della terra, che dalla loro hanno solo la sovrappopolazione e la disperazione. In questo vedo un aspetto paradossalmente positivo. Se in passato l’effetto di una diffusione dei più ‘forti’ finiva per comportare la marginalizzazione delle popolazioni che incontravano, oggi a governare la scena ci sono, ci devono essere da parte nostra altre parole-chiave: accoglienza e integrazione”.

Anna Maria Isastia 

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