Chissà se qualche uomo
ha letto l’articolo di fondo del Corriere della sera di sabato 11 giugno 2016 “Femminicidi.
Un appello agli uomini”. E’ firmato da un uomo
Paolo Di Stefano ed è diretto agli uomini.
Non è una domanda
retorica. Agli uomini non interessano le paginate intere che i quotidiani
dedicano alle tante donne vittime di femminicidi, di aggressioni, di
persecuzioni. “Sono cose di donne” ripetono e nello stesso modo ignorano i
convegni e gli incontri dedicati ad occuparsi di questi argomenti. Gli
specialisti e gli studiosi si trovano regolarmente a parlare a platee composte
quasi esclusivamente da donne, non giovani, che conoscono benissimo il tema
perché lo affrontano da decenni.
La mattanza degli
ultimi giorni: giovani donne strangolate e bruciate, uccise e buttate in
discarica, eliminate in ogni modo, sta facendo riflettere ancora una volta. La
novità è data dal fatto che una testimonial d’eccezione come Lucia Annibali,
che ha avuto il volto sfregiato dall’acido, per la rivalsa di un ex, ha
lanciato un appello agli uomini, perché “la rivoluzione, qui e oggi, la possono
fare solo gli uomini per gli uomini, affrontando un percorso di liberazione
simile a quello che ha portato le donne all’emancipazione”.
Lucia Annibali ha
trovato l’attenzione indispensabile di chi può concretamente contribuire a
modificare la situazione, Maria Elena Boschi, che da un mese ha avuto dal
governo la delega alle Pari Opportunità. Ed è la ministra a dichiarare:”tramite
il dipartimento [delle Pari opportunità] ho chiesto che vengano completate le
designazioni per la cabina di regia interministeriale e per l’osservatorio,
previsti dal Piano antiviolenza. E vorrei anche chiamare alcuni consulenti per
una mia task force”.
Maria Elena Boschi
chiede di incentivare nelle scuole una vera sensibilizzazione verso il rispetto
delle diversità di genere e contro la violenza sulle donne e dice che a breve
usciranno le linee guida nazionali del Miur, come prevede la ‘buona scuola’.
Il Soroptimist può
essere soddisfatto di avere anticipato questa linea di intervento, firmando con
il Miur un protocollo d’intesa (2014) per corsi nazionali di formazione per
formatori "Prevenzione della violenza contro le donne: percorsi
di formazione-educazione al rispetto delle differenze”.
Per gli stessi motivi i club
Soroptimist possono essere orgogliosi di avere aderito al programma del Codice
rosa bianca ideato dalla dottoressa Vittoria Doretti che, speriamo verrà
chiamata a far parte della nuova task force.
L’articolo di fondo
sul Corriere della sera forse segnala un reale cambio di passo. Scrive Di
Stefano: “Che cosa pensiamo della normalità che prevede dolcemente per la donna
(anche in una famiglia di professionisti, non è questione di livello sociale)
il sovraccarico quotidiano maggiore di impegni, ventisette ore al giorno di
attività, tra lavoro fuori casa, accudimento figli e genitori, gestione
economia domestica, spesa, pulizie, cena eccetera. Non c’è bisogno di essere un
maschio demente e feroce né di avere un’idea padronale del rapporto tra i sessi
per offendere una donna: è quel che dovremmo comunicare, da padri, ai nostri
figli maschi. Ma prima dovremmo esserne impregnati noi, di questo senso di
libertà. Quanti bambini e adolescenti nativi digitali, tecnologicamente
all’avanguardia, ritengono — come pensavano i nostri bisnonni e nonni migliori
— di essere paternalisticamente destinati, per missione genetica, a proteggere
la sorella, minore o maggiore che sia: perché comunque la donna andrebbe
protetta come si fa con le specie floreali e faunistiche più fragili. Dunque,
ricollocando, anche a fin di bene, la questione femminile in una dinamica di
potere (il più forte e il più debole...) e non in una visione di autentica
eguaglianza e libertà. Cari uomini, non c’è bisogno di essere feroci — come lo
sono gli uomini che uccidono le donne considerandole loro esclusiva proprietà e
che con facilità allontaniamo da noi — per essere discriminanti. Non c’è
bisogno di disprezzare il delitto passionale per commettere piccoli delitti
giornalieri contro l’uguaglianza. Non c’è bisogno di odiare la libertà della
propria compagna, fidanzata, moglie, sorella per lederla. Non c’è bisogno di
essere padri o fratelli di vittime per accogliere l’appello di Lucia Annibali e
far sentire la nostra voce”.
Anna Maria Isastia
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