Ho appena finito di leggere i
racconti scritti da Leda Muccini all’inizio degli anni Sessanta.
Ero rimasta infastidita
dall’insistenza sulla squallida fisicità dei rapporti delle giovani donne protagoniste
dei suoi racconti, con uomini diversi per età e condizione sociale, ma legati
da un unico desiderio: mettere le mani addosso alla ragazza del momento e
appena possibile spogliarla e possederla. Senza sentimenti, senza amore, senza
delicatezza, senza un dopo.
Donne oggetto; donne usate e che si lasciano
usare, passivamente acquiescenti, come se non ci fossero altre possibilità.
Giovani donne che si fanno baciare, palpeggiare e fanno sesso con uomini che
non amano e non desiderano, senza goderne e senza ricavare alcun vantaggio. Le
donne raccontate sono belle, giovani, vitali mentre gli uomini appaiono grigi,
meschini, viscidi, ipocriti.
Chiuso il libro, apro il giornale e
ritrovo le stesse situazioni oggi. Lo scandalo delle molestie sessuali al
parlamento inglese che fa tremare il governo di Theresa May.
Lo scandalo del produttore americano
Harvey Weinstein che ha usato
il suo potere in modo ignobile usando e abusando decine e decine di giovani
attrici.
Non passa giorno senza che i giornali
e le televisioni raccontino di dichiarazioni di abusi e ricatti sessuali
avvenuti nel corso del tempo. Sono per lo più donne famose che denunciano fatti
di un passato più o meno lontano, ma non dimenticato.
Tutti a demonizzare e condannare
situazioni che si ripetono uguali, da sempre. Tutti sanno e hanno sempre
saputo. Poi ogni tanto la pentola viene scoperchiata e allora tutti a
dichiarare il loro disgusto e a prendere le distanze da situazioni che si
ripetono sempre uguali.
Molti maschi sono infastiditi da
questa martellante attenzione rivolta, forse per la prima volta, contro di
loro. Non capiscono, parlano di strumentalizzazioni, credono che attrici e cantanti, ma anche esponenti della
politica, vogliano solo farsi pubblicità, cercano di ridimensionare. Colpisce
che i giornalisti, forse per la prima volta, ripetano che il problema è loro,
cioè dei maschi. Incredibile!
Perché allora mi ha dato tanto
fastidio leggere i racconti di Leda Muccini? Forse perché è stata veramente
brava a descrivere la ripetitività viscida e oscena dell’abuso quotidiano del
maschio sulla femmina, ma anche l’acquiescenza passiva di troppe giovani donne
a situazioni disgustose che non si ha il coraggio, la forza, la capacità di
contrastare.
Mi ha colpito leggere le ultime
battute dell’intervista di Geneviève Fraisse, femminista, politica, scrittrice,
a Stefano Montefiori.
«Credo che non si tornerà indietro. Molte
donne oggi raccontano delle molestie e aggressioni che hanno subito negli anni,
e la vergogna potrebbe davvero cambiare di campo, come hanno sempre chiesto le
femministe. Quando avevo 10 anni, un pomeriggio mentre andavo alla posta, un
uomo si è avvicinato fingendo di chiedermi la strada e invece si è masturbato
davanti a me. Sono tornata a casa e che cosa ho fatto? Non ho detto niente.
Eppure non avevo alcuna colpa, vivevo in una famiglia di intellettuali che mi
avrebbe ascoltata. Ma non ero pronta e sentivo che il rapporto di forza non era
a mio favore. La colpa e la vergogna erano su di me, non su quell’uomo. Mio
padre era femminista, eppure avevo interiorizzato di trovarmi dalla parte
sbagliata. Le cose stanno cambiando, ed è un bene».
Appartengo alla generazione di Geneviève
Fraisse e capisco perfettamente le sue parole.
Se torno indietro nel tempo anche io,
come tutte le donne, ho ricordi sgradevoli. Esibizionisti incontrati negli
androni dei portoni ancora ragazzina. Ne ricordo uno che mi costrinse a fare di
corsa cinque rampe di scale larghe e lunghe per raggiungere casa di nonna, con
il cuore in gola.
L’incubo della mano morta in autobus,
per non parlare di quelli che si incollavano dietro di te. Mi difendevo
spostandomi, cercando in ogni modo di allontanare l’importuno, ma quanto
disagio e quanta vergogna.
E poi le proposte oscene di coetanei
poco più che ventenni che si sentivano autorizzati a parlare alle ragazze in
modo indecente, ma allora avevo imparato
a difendermi e a contrattaccare. Che fastidio però e che rabbia!
Le difficoltà per una donna che abbia
prospettive e capacità professionali sono legate anche agli appetiti sessuali
degli uomini. Io consideravo compagni di strada gli uomini che conoscevo e che
ritenevo propositivi per me. Avviavo un rapporto di lavoro ‘neutro’ e per me
erano ‘neutri’ appuntamenti e pranzi di lavoro.
Poi però ‘percepivi’ che ad un certo
punto la situazione diventava ‘strana’ e allora avevi due strade davanti.
Raffreddare la collaborazione o ….
Io ho sempre scelto la prima opzione
e ho ricominciato ogni volta a tessere rapporti destinati a chiudersi
all’improvviso. Per un uomo è diverso e con il passare degli anni la rete delle
sue relazioni si allarga sempre di più con evidenti vantaggi professionali. Le
donne spesso sono costrette invece a interrompere rapporti ben avviati e le
rotture hanno sempre effetti negativi. Nessun uomo accetta di essere
allontanato e presenta il conto, danneggiando la donna sul lavoro, sparlando di
lei, isolandola.
Mi è capitato di sentirmi consigliare
di essere ‘carina’ con un potente, da un altro uomo che, non potendomi avere,
mi ‘cedeva’ volentieri al capo!
Mi sono sentita accusare di cose
improbabili da colleghi che dovevano farmi pagare le mie capacità organizzative
che avevano risolto i ‘loro’ problemi. Questo naturalmente dopo che avevo
lavorato per loro con successo.
Le donne venivano massacrate
facilmente con una qualunque accusa legata a loro presunte ‘leggerezze’.
La mia vita di lavoro è stata uno
slalom da campionessa tra proposte da respingere, attacchi da neutralizzare,
commenti da rintuzzare.
Alla fine degli anni Settanta del
Novecento un collega da un giorno all’altro divenne sgradevolmente aggressivo.
Senza neanche fingere di farmi la corte o di essere preso da me, da un giorno
all’altro aveva deciso che dovevo fare sesso con lui. Alla mia reazione secca e
infastidita reagì con una spiegazione che non ho mai più dimenticato. A suo
dire aveva fatto una sua indagine privata nell’Istituto universitario dove
lavoravo. Aveva appurato che non ero l’amante di nessuno e che nessun collega
aveva intenzione di farsi avanti e dunque io ero diventata di sua proprietà
come una res nullius. La mia reazione fu tanto dura e feroce che non ci siamo
mai più rivolti la parola, pur lavorando a poche stanze di distanza.
Quante amiche hanno cambiato lavoro o
rinunciato a percorrere certe strade perché tra loro e le loro ambizioni si è
messo il potente di turno che esigeva il pedaggio dovuto e preteso.
A Westminster è stata avviata una
inchiesta su vicende note a tutti. Alla Bbc si è creato un gruppo segreto di
giornaliste e presentatrici che si scambiano informazioni e denunciano le
molestie. Il parlamento di Bruxelles non è esente da scandali di tipo sessuale
e parecchie politiche hanno denunciato di essere state vittime di abusi e
molestie.
Spero abbia ragione Geneviève Fraisse
che sostiene che il caso Weinstein segna una nuova epoca. «È l’ora della
rivolta»