Devo ringraziare la
stampa e le televisioni che hanno dato spazio alle atlete e agli atleti
paralimpici. I loro sorrisi, la loro allegria, il loro entusiasmo hanno
contagiato tutti. Non li ha fermati la carrozzella, né le protesi, né la
cecità. La loro gioia di esserci è stata una iniezione di vitalità per tutti.
Ci hanno insegnato il coraggio. Qualcuno ha trovato ‘inopportuno’ e deprimente
lo spettacolo della disabilità mostrato dagli schermi. Mi sono sentita a
disagio per queste persone che non hanno colto l’importanza di quello che è
passato davanti agli occhi di tante persone ‘normodotate’. Siamo abituati a distogliere educatamente lo
sguardo quando incrociamo una persona in carrozzella, per evitare situazioni
imbarazzanti. Il mito della eterna giovinezza e dell’obbligo alla bellezza
fisica e alla salute ha contagiato tutti da troppo tempo. Poi l’impatto
improvviso con dodici giorni di gare di sport e di amicizia. La scoperta che si
può tornare a vivere normalmente, anzi ad eccellere, anche dopo una grave malattia o un incidente devastante:
Martina Caironi, Vittorio Podestà, Paolo Cecchetto, Beatrice Vio, Alex Zanardi,
Luca Mazzone, Francesco Bocciardo, Federico Morlacchi, Assunta Legnante hanno
vinto medaglie d’oro malgrado le loro gravi disabilità. Storie personali che
possono cambiare una piccola porzione di mondo, che possono cambiare la Storia.
Martina Caironi che con una gamba in fibra di carbonio stravince i 100 metri,
Alex Zanardi privo di gambe, che vince nel ciclismo, Federico Morlacchi che ha
dominato nel nuoto, la giovanissima Bebe Vio, con quattro arti amputati per una
meningite, che ride sul podio del fioretto e si considera “una ragazza
fortunata”. Sono esempi per noi, sono esempi per i giovani pavidi di fronte a
prove modeste. Grazie a loro diventa più facile capire e condividere l’art. 26
della Carta dei diritti fondamentali Ue: “L’Ue riconosce e rispetta il diritto
dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento
sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità”.
Anna Maria Isastia